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La pastorale digitale

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Pastorale digitale

Quel “traffico” indice di una comunicazione efficace

Sia per i siti web, sia per i canali social, esistono diversi strumenti di analisi dell’interesse quantitativo e qualitativo dei navigatori. Vediamoli in sintesi e con qualche trucco del mestiere...

di don Luca FOSSATICollaboratore Ufficio Comunicazioni Sociali

23 Maggio 2021

Siamo giunti al termine del percorso che ci ha condotto alla scoperta di alcuni strumenti utili alla pastorale digitale. Prima di congedarci, diamo uno sguardo ad alcune funzioni di verifica della nostra comunicazione.

Ogni attività che proponiamo segue normalmente un percorso di progettazione, realizzazione e verifica: come applicare questo ultimo passaggio alla pastorale digitale? Per alcuni strumenti la risposta è abbastanza scontata: se proponiamo un incontro in piattaforma, potremo facilmente verificare la partecipazione numerica o proporre un sondaggio in chat per raccogliere le impressioni dei partecipanti; ma come possiamo verificare le proposte che sono mediate dai nostri canali social o siti web?

Ci vengono in ausilio gli strumenti di analisi del traffico presenti sotto diversa denominazione nelle differenti realtà social. È il caso di Google Analitics per i siti web e canali YouTube o insight per la galassia dei social che ruotano attorno a Facebook. Accedendo ai pannelli amministratore di questi strumenti – che, ricordo, sono totalmente gratuiti – potremo condurre interessanti e accurate analisi che potranno rispondere alla nostra domanda fondamentale:«La mia comunicazione è arrivata a destinazione?».

Il primo impatto con Analytics può essere un poco scoraggiante perché si tratta di strumenti estremamente dettagliati e versatili, alle volte forse fin troppo dettagliati per le nostre necessità, che richiedono un poco di formazione per essere utilizzati. Per questo segnalo che esistono numerosi tutorial e manuali presenti in rete che aiutano a districarsi tra metriche, numeri, sorgenti, ecc… Usando questi dati inizieremo ad acquisire alcune piccole o grandi “malizie” comunicative… Facciamo qualche esempio.

Il numero di visualizzazioni di un video su YouTube ci dice unicamente quante persone hanno avviato la visione del nostro contenuto. Sapere in media quanti minuti sono stati visti ci permette invece di capire quanti sono arrivati fino al termine. Se aggiungiamo poi la possibilità di conoscere in quale punto gli utenti hanno interrotto la riproduzione o quanti hanno deciso di seguire il nostro canale dopo quello specifico video, iniziamo a intuire le potenzialità dello strumento e l’utilità di condurre queste verifiche. Ci accorgeremo allora dell’importanza di curare bene i primi 30/40 secondi, nei quali occorre far crescere il desiderio di proseguire con il resto del contenuto, visto che la maggior parte degli utenti dopo i primi secondi facilmente passa ad altro, se ritiene non interessante quello che vede.

In maniera analoga potremo anche esaminare le pagine dei nostri siti web. Sapere quanti visitano il sito è importante, ma lo è soprattutto conoscere cosa cercano, quali contenuti prediligono e quanto tempo rimangono su una pagina. Anche in questo caso scopriremo magari che l’articolo che descrive nei dettagli la celebrazione delle cresime è visualizzato solo da pochi e per poco tempo (possiamo ipotizzare solo i parenti alla ricerca di qualche immagine), e che invece la pagina dei contatti, dei testi delle celebrazioni o degli orari della segreteria parrocchiale risulta essere la più gettonata.

Verificare questi dati e compiere una analisi sulla nostra comunicazione non è un puro esercizio statistico, ma ci consente di essere comunicativamente efficaci e permette alla nostra pastorale digitale di raggiungere il suo scopo, che – lo ricordiamo – non è avere tanti follower o diventare influencer… ma annunciare il Vangelo! Buona pastorale digitale a tutti.