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La «Storia di Liscate», volume edito nel 2018 dall’Amministrazione Comunale, testimonia che perfino il paese più piccolo offre una notevole quantità di notizie al punto da “far invidia” ai Comuni più grandi e titolati

Sergio Leondi

Liscate

Di storie di paesi, come autore, a tutt’oggi ne ho messe insieme una quarantina, per cui dovrei essere avvezzo al fatto che ciascuno di essi, perfino il più minuscolo, si porta dietro una messe di notizie di tutto rispetto, spesso da far invidia ai Comuni più grandi e titolati. E invece, ancora rimango sorpreso, a ricerca conclusa, di ciò che scopro e raduno anche per le località cosiddette “minori”: è quel che mi è capitato di nuovo a proposito di una delle mie ultime pubblicazioni: la “Storia di Liscate”, un volume – edito nel 2018 dall’Amministrazione Comunale – di oltre 400 pagine fitte fitte, che ne ripercorre le vicende dalle origini all’attualità.

Si parte dunque con la preistoria. Liscate sorgeva quasi sulle rive nord-occidentali del lago Gerundo, l’immenso bacino idrico che si allargava dall’Adda all’Oglio. Si trattava più che altro di un acquitrino con fondali medio-bassi, ricco di vegetazione palustre, di pesci e selvaggina, tutti elementi favorevoli all’insediamento dei primi abitanti.

Vorrebbero alcuni che il toponimo Liscate, ex Luscade (attestato nell’anno 874), derivi dalla pianta della lisca, tipica delle zone umide; io credo invece che prenda il nome da una famiglia proveniente dall’Urbe, quella dei Luscus, qui arrivata dopo la conquista romana dell’anno 222 a.C. All’epoca romana risalgono alcuni reperti trovati nei campi: i più rilevanti, una coppia di coperchi di sarcofagi; romane sono le due grandi arterie che attraversano il territorio: strade Cerca e Rivoltana (quest’ultima fu percorsa da Renzo Tramaglino, ne parla il Manzoni citando esplicitamente Liscate). Ma Liscate vanta ben altro, più remoto, dal punto di vista archeologico: nei dintorni di alcuni cascinali è stato rinvenuto materiale assegnabile all’età del Bronzo (3200-1200 a.C.).

Dopo i Romani, arrivano i Longobardi: ad essi si deve la fondazione della chiesa parrocchiale di San Giorgio e dell’oratorio di San Michele, santi a cui furono particolarmente devoti, dopo la conversione al Cristianesimo. A questo proposito merita sottolineare il numero assai elevato di luoghi di culto, in rapporto alla limitata superficie territoriale: a Liscate nel Duecento ce n’erano addirittura otto, di cui tre sono arrivati fino ai giorni nostri. Dipendeva Liscate dalla Pieve di Settala: da San Carlo in poi, si contano in loco svariate Visite Pastorali, che come al solito danno informazioni non solo di tipo religioso, ma altresì nell’ambito demografico, economico, culturale e così via.

In questo rapido excursus, segnalo ancora l’abbondanza di pergamene medievali aventi per oggetto Liscate; l’esistenza di una famiglia di famosi notai inurbatasi a Milano, quella dei “da Liscate”; la presenza devastante nel 1405 del condottiero Facino Cane col suo esercito; l’infeudazione del paese ai Marchesi Meraviglia-Mantegazza; l’esame delle carte catastali dal Settecento al Novecento; la rassegna delle tante cascine, molte dedite tuttora all’agricoltura; il racconto delle tradizioni contadine e paesane; i risvolti locali delle due guerre mondiali; il fascismo e il ritorno della democrazia; la situazione attuale e quella in prospettiva, e altro ancora, per un Comune, per una “piccola patria”, che ambisce a conservare e valorizzare il proprio passato (natura compresa), guardando al futuro.

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