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Felice Costa ci introduce alla conoscenza del liber grossus, fonte preziosa di informazioni originali e partenza per ulteriori percorsi di studio

di Mirko Guardamiglio

Liber-Grossus

Felice Costa nella Tesi «Il liber grossus della Mensa arcivescovile di Milano, tra contabilità e rivendicazione politica 1376-1385» trascrive il primo di 40 libri mastri relativi alla Mensa arcivescovile di Milano. Questo manoscritto si rivela una fonte preziosa di informazioni originali e può essere studiato sotto vari punti di vista dato che vari Vescovi introdussero l’uso di appositi registri per la gestione delle loro Mense in vista di un’amministrazione efficace ed efficiente e – soprattutto – trasparente, in ultima analisi per realizzare la libertas Ecclesiae. In Italia, che potremmo definire la patria del notariato, già sul finire del XII secolo la cultura notarile influenzò fortemente varie realtà fra le quali gli Episcopi tanto che sono documentabili rapporti stabili fra le Curie vescovili ed i Notai. Nel corso dei decenni successivi il rapporto si consolidò e diventò formale a tal punto da poter individuare varie figure di «Notai di Curia» come ad esempio coloro che rappresentavano persone fisiche o giuridiche in atti amministrativi o giuridici, interrogavano i testimoni durante un processo, agivano legalmente contro un debitore, procedevano alla stesura di perizie o inventari, ratificavano la validità di una investitura ed infine, ovviamente, custodivano la documentazione prodotta. Tutto ciò portò alla consuetudine secondo la quale ogni Notaio vescovile conservasse presso la propria abitazione la documentazione prodotta durante lo svolgimento della propria attività. Tuttavia, negli ultimi secoli del Medioevo, al mutare della situazione politica, molti Vescovi si trovarono nella necessità introdurre l’utilizzo di appositi registri per migliorare il controllo del flusso documentale relativo all’amministrazione in spiritualibus e in temporalibus. Nel caso specifico i registri della Mensa arcivescovile di Milano dimostrano che anche la Diocesi ambrosiana, sin dal XIV secolo, percepiva l’importanza di una sistematizzazione del flusso documentale. In particolare il Fondo Mensa arcivescovile di Milano – ancora poco esplorato – è costituito da 40 registri: i primi due riguardano il periodo previsconteo dal 1376 al 1396, segue poi una lacuna di ben 100 anni a motivo della dispersione avvenuta al tempo di Matteo Visconti, dopo la quale – con il 1496 – riprende la serie dei registri. Molto probabilmente questi due primi registri furono conservati con accuratezza perché, frutto di un grande sforzo di riordino della materia, considerati per molti secoli testi base da consultare molto frequentemente. Come accennato all’inizio di questo breve articolo i registri della Mensa arcivescovile, ed in particolare il registro trascritto dal Costa, posso essere studiati sotto vari punti di vista come ad esempio per l’elaborazione di alcuni studi genealogici dato che al suo interno vi sono consistenti elenchi di persone, di famiglie ed anche piccoli abbozzi di alberi genealogici ecc.

 

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FONTE:
Costa, Il liber grossus della Mensa arcivescovile di Milano tra contabilità e rivendicazione politica 1376-1385, Università degli Studi di Milano, Anno accademico 2016-2017.

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