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Sono io, non abbiate paura

17 Aprile 2013

At 6,1-7; Sal 32(33); Gv 6,1-15

 

“Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti”.   (Gv 6,11)          

  

Il Padre sa cosa è per noi necessario. Il suo occhio è attento su di noi, spesso previene la nostra richiesta e non ci nega ciò di cui abbiamo bisogno. La fame del mondo, come quella delle vedove di lingua greca, è attribuibile più al nostro occhio che non vede, se non, addirittura, alla nostra mano che rapina. Nella Chiesa c’è cura per la parola di Dio e per il servizio alle mense. Anche negli occhi di Gesù c’è cura per ciò di cui ha bisogno la folla. Noi possiamo valutare l’enormità delle risorse necessarie (200 denari di pane equivalgono al compenso di un bracciante per 200 giorni di lavoro, cf Mt 20,1-16) e constatare immediatamente la nostra inadeguatezza; ma qui scatta il miracolo, anzi il segno. Gesù prende nelle sue mani il nostro poco, di questo rende grazie, questo divide ed offre. Il “poco” dei discepoli, rimesso nelle mani del Figlio, si trasforma in avanzo, tale da riempire dodici canestri. Il pane avanzato di quei canestri sfama il Nuovo Israele, da quell’ora fino alla consumazione dei tempi.

 

Preghiamo

 

Ecco l’occhio del Signore è su chi lo teme,

su chi spera nel suo amore,

per liberarlo dalla morte

e nutrirlo in tempo di fame.                       

     (dal salmo 32)