Il dialogo in Duomo con i Ministri ordinati e la Vita consacrata dopo una breve preghiera personale nello Scurolo di san Carlo. Francesco ha risposto alle domande rivolte da un presbitero, un diacono permanente e una suora

di Ylenia SPINELLI

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Nel cuore di Milano, nel luogo simbolo della fede, partendo dalla sua periferia.

Lasciate le Case Bianche, papa Francesco questa mattina alle 10 arriva in Duomo, accolto dal calore della gente in piazza e dall’abbraccio simbolico di tutti i sacerdoti, i consacrati, i religiosi e le religiose della Diocesi, che lo attendevano nelle navate della Cattedrale.

Sulle note del canto “Aprite le porte a Cristo”, il Santo Padre varca la soglia del Duomo accompagnato da un lungo applauso.

Quindi scende il silenzio e papa Francesco si ritira per una breve preghiera nello Scurolo di san Carlo, compatrono della Chiesa ambrosiana.

Poi l’arcivescovo Angelo Scola introduce l’incontro-dialogo del Papa con le parole di san Carlo a san Pio V: «Perché  Dio conservi la Santità Vostra, in modo che possiamo vedere in questi nostri tempi nella Chiesa quel progresso spirituale che il mondo attende in continuazione dalla pietà e dallo zelo apostolico di Vostra Santità».

Quindi un prete, un diacono permanente e una suora rivolgono tre domande a papa Francesco, toccando temi a lui molto cari.

Don Gabriele Gioia del decanato Gallarate, a nome di tutti i sacerdoti, chiede al Santo Padre quali scelte prioritarie fare in una società, multietnica, multireligiosa, multiculturale, piena di sfide, dove spesso si corre il rischio di trovarsi con le reti vuote. E proprio da questa metafora prende la parola il Papa per mettere subito in chiaro che «l’evangelizzazione non è sempre sinonimo di prendere pesci. Bisogna prendere il largo, dare testimonianza e poi è il Signore che prende i pesci: quando, dove e come non ha importanza». Poi raccomanda di «non perdere la gioia di evangelizzare. Perché evangelizzare è una gioia».

Un grande applauso ha dimostrato tutta l’approvazione dei presenti.

Poi il Papa rincuora ancora i suoi preti dicendo che non bisogna temere le sfide, perché «sono il segno di una comunità viva» e «ci aiutano a far sì che la nostra fede non diventi ideologica».

Per quanto riguarda la società “multi” – come l’ha definita Francesco – il Santo Padre rassicura tutti dicendo che «lo Spirito Santo è il Maestro della Diversità» e che la Chiesa stessa è «Una in un’esperienza multiforme».

Certo, la diversità e la «cultura dell’abbondanza a cui siamo sottoposti» può offrire uno scenario insidioso, soprattutto per i giovani di oggi, ecco che allora ai sacerdoti spetta un compito importante: formare al discernimento.

La parola passa poi a Roberto Crespi che, facendosi portavoce dei 143 diaconi permanenti presenti in Diocesi, chiede quale deve essere il contributo del loro ministero.

«Voi diaconi avete molto da dare», dice subito papa Francesco che continua: «All’interno del presbiterio potete essere una voce autorevole per mostrare la tensione che c’è tra il dovere e il volere, le tensioni che si trovano all’interno della vita familiare». E qui, riferendosi ai diaconi sposati, Francesco aggiunge: «Voi avete una suocera!», strappando una risata.

Poi il discorso torna serio quando il Papa ricorda ai diaconi che non sono «mezzi preti e mezzi laici» e nemmeno «intermediari tra fedeli e pastori».

Bella è la definizione che il Santo Padre dà di questo ministero quando dice: «Il diacono è il custode del servizio nella Chiesa. Il servizio alla Parola, all’Altare, ai Poveri».

E qui c’è tutto Francesco, che ha fatto del servizio a Dio e ai fratelli il perno del suo magistero.

Infine prende la parola madre M. Paola Paganoni, superiora delle Orsoline di san Carlo, che chiede al Papa come poter dare una testimonianza di vita povera, vergine e obbediente all’uomo di oggi, vista la “minorità” delle suore nella Chiesa e nella società.

E “minorità è una parola che piace molto al Papa, in quanto carisma francescano e «sigillo dei cristiani». Ma il Santo Padre tiene a precisare: «Pochi sì, in minoranza sì, anziani sì, ma rassegnati no».

Un altro grande applauso riempie le navate del Duomo, poi Francesco riprende il filo del discorso e ricorda che «le congregazioni non sono nate per essere la massa, ma un po’ di sale e un po’ di lievito perché la massa crescesse e il Popolo di Dio avesse il condimento che gli mancava».

L’incontro si conclude con l’invito, tanto caro al Santo Padre, di «andare nelle periferie», di ritornare «alla Galilea del primo incontro».

«Andate» scandisce Francesco e «non dimentichiamo che quando si mette Gesù in mezzo al suo popolo, questo trova la gioia».

Dopo questa iniezione di fiducia che vale non solo per le suore, ma per tutto il clero ambrosiano, l’incontro si conclude con il consueto scambio di doni. In ricordo della visita pastorale, il Papa regala alla Diocesi un calice e la Chiesa milanese dona simbolicamente al Papa 55 appartamenti da distribuire a chi non ha casa.

Ora ad attendere Francesco c’è di nuovo la piazza che si unisce a lui nella recita dell’Angelus.