Il cardinale traccia un bilancio della straordinaria giornata a Milano con il Santo Padre. «Francesco comunica in termini estremamente familiari anche le realtà più importanti, come abbiamo ascoltato in queste sue 11 ore nelle terre ambrosiane»

di Angelo Scola
Arcivescovo di Milano

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Il milione di persone radunato per la Messa a Monza, le oltre 500 mila nelle celebrazioni milanesi e lungo i 100 km percorsi da papa Francesco nella sua giornata dicono dell’amore della gente per questo Pontefice. Il popolo lo vuole vedere perché riconosce in Francesco un uomo costruttivo, riuscito. La questione è domandarsi da dove venga questa riuscita. Proviene certamente dalla sua fede in Gesù, una fede concepita in termini incarnati, dentro la vita. Da qui nasce questo linguaggio della mente, del cuore e delle mani. Francesco comunica in termini estremamente familiari anche le realtà più importanti, come abbiamo ascoltato in queste sue 11 ore nelle terre ambrosiane. Ripercorrendo alcune delle parole da lui pronunciate, durante l’incontro in Duomo con i Ministri ordinati e la Vita consacrata, mi rimane nel cuore il tema della gioia del Vangelo e di un ministero vissuto senza la preoccupazione dell’esito, integralmente affidato alla Provvidenza. Il Santo Padre ha infatti attaccato quella rassegnazione che conduce all’accidia e quindi rende incapaci di trasmettere tale gioia. Nell’omelia della Messa a Monza analogamente ha affrontato il tema della speculazione, di quel modo che diventa strumentale e antisolidale, incapace di costruire comunione. Nel calorosissimo incontro con gli 80 mila di San Siro, oltre al dialogo serrato con i giovanissimi così attenti, ha enucleato in termini familiari ciò che può aiutare un ragazzo a crescere nella fede, sottolineando il ruolo dei nonni, l’importanza dell’ascolto dei figli da parte dei genitori, la solidarietà fra famiglie. Questo mio bilancio è frammentario, di questa visita certamente ci rimane la grande responsabilità della Chiesa milanese e lombarde che deriva dalla provocazione così potente e universale che Francesco ci ha portato. Il popolo lo segue con entusiasmo perché lo capisce e gli vuole bene, sente che Francesco ne ha cura e ne è appassionato. È fondamentale prendere sul serio il suo monito di praticare uno stile di relazione tra la Chiesa e la realtà civile che ridica il gusto e la gioia di costruire insieme in una società che è in grande e turbolento cambiamento.