Le vicende del quartiere che sarà visitato dal Papa: dalle Case Minime edificate in epoca fascista ai complessi costruiti negli anni Settanta, che attirarono molti immigrati. Dopo un periodo di incuria e abbandono, oggi si assiste a interventi sul fronte ambientale e sociale, con la Caritas in prima linea

di Meri SALATI
Centro studi e ricerca Caritas Ambrosiana

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Le “Case Bianche”, dove papa Francesco si recherà nella prima tappa della sua visita milanese, si trovano nel quartiere Zama-Salomone, parte dell’attuale Municipio 4.

Riguardo le origini storiche, il territorio apparteneva, sino a cinquant’anni fa, a Monluè che, con la sua antica chiesa, era il centro di tutto il comprensorio. Due grandi fabbriche, la Montecatini e la Caproni (oltre al Verzè, mercato ortofrutticolo di Porta Vittoria), davano lavoro a migliaia di operai che le raggiungevano a piedi, in bicicletta o con il tram.

Le prime abitazioni che sorsero in zona – negli anni 1933-34, durante il fascismo – erano le cosiddette “Case Minime”, lungo tutta la via Zama. Il quartiere si chiamava “Alberto Villasanta” e successivamente divenne noto con il nome di “Trecca”, perché le case sorgevano lungo l’omonima roggia, ricoperta alla fine degli anni Settanta. Il complesso delle Case Minime fu terminato nel 1937 e accolse 500 famiglie di proletariato e sottoproletariato urbano, che il regime fascista confinava ai margini della città.

Il quartiere subì la tragedia della guerra: prima nel 1943, con la deportazione in Germania da parte dei tedeschi di una cinquantina di abitanti; successivamente, nei mesi di marzo e di settembre del 1944, a causa di due bombardamenti che provocarono anche vittime tra i civili. Il ricordo di questi episodi è ancora vivo tra gli anziani.

La Trecca era un quartiere di “case di ringhiera”, tipiche della Milano storica, con i ballatoi e i servizi in comune, ma anche con uno spirito di appartenenza e di condivisione. Tuttora, nonostante l’abbattimento delle Case Minime e l’edificazione del nuovo quartiere, questo luogo viene ancora comunemente chiamato “la Trecca”. Un nome con due significati: da un lato negativo, per ricordare l’origine dei primi inquilini, in prevalenza braccianti dell’ortomercato, ambulanti, disoccupati, pensionati, emarginati; dall’altro positivo, perché tuttora molti anziani si dicono orgogliosi di provenire dalla Trecca.

Nel 1976-77 vennero demolite le “Case Minime” e furono sostituite dai nuovi fabbricati detti “Case Bianche”, che ospitano quasi 500 nuclei familiari. Quest’ultimo intervento di ricostruzione dell’ex quartiere Trecca ha contribuito notevolmente a cambiare il volto della zona, attirando anche molti immigrati, prima dal Sud Italia e oggi extracomunitari. A quarant’anni dalla loro costruzione le case popolari presentano un evidente stato di grave incuria e degrado, tanto da essere spesso citate dai giornali per l’ennesimo guasto all’impianto del riscaldamento o dell’ascensore, nonché per i muri scrostati, l’infestazione di topi e l’abbandono di relitti di auto nei cortili.

Oggi le “Case Bianche” hanno i caratteri tipici della periferia: immigrazione (con un forte nucleo di musulmani e qualche latino-americano e filippino), presenze problematiche e forme di abusivismo. Sono presenti ben due campi nomadi: uno abusivo di antica data e l’altro comunale in via Bonfadini.

Tuttavia, l’intera area oggi presenta alcuni tentativi di intervento su più fronti. Dal punto di vista ambientale, si sta procedendo alla bonifica dei vecchi capannoni industriali, ormai dismessi e fatiscenti, la loro sostituzione con nuovi caseggiati di edilizia residenziale e la sistemazione di aree di verde pubblico attrezzato (Parco Galli). Dal punto di vista sociale, emerge come unico presidio lo Spazio Anziani gestito dalla Caritas in accordo con il Comune per l’accompagnamento, il disbrigo delle pratiche e le attività ricreative.