Percorsi ecclesiali

L’Eucaristia, cuore della Domenica

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21 giugno 2016

La comunione sulla lingua,
la Chiesa soccorre la debolezza dei suoi figli

Rispetto a quella data sulla mano, evidenzia il primato del dono di grazia di Cristo verso chi - come bambini e infermi - dipende in tutto da chi provvede per loro il cibo a tempo opportuno

a cura del SERVIZIO PER LA PASTORALE LITURGICA

12 Giugno 2015

Con il sec. IX, la comunione ai fedeli laici sulla mano cede il posto alla comunione in bocca, sulla lingua, sia per prevenire alcuni abusi e rischi di profanazione, sia soprattutto per un sentimento di crescente rispetto verso le sacre specie eucaristiche, che vedeva nel toccare con la mano una sorta di contaminazione di ciò che è più santo con le ambigue realtà della terra: mani che usano armi, mani che trattano soldi, ecc… Così si diffuse in modo generalizzato la comunione data dal ministro direttamente in bocca, sulla lingua.

La riscoperta della comunione sulla mano, che ha riportato in uso la forma originaria di ricevere la comunione nei primi secoli, non ha però soppresso la comunione sulla lingua, che i fedeli possono continuare a praticare, in conformità alla loro sensibilità personale. La Chiesa infatti ne riconosce la piena legittimità e il suo permanente valore spirituale. Ecco perché, dopo aver approfondito la comunione sulla mano, dedichiamo la nostra attenzione alla comunione data direttamente in bocca sulla lingua.

La comunione sulla lingua si svolge nel modo seguente: il fedele si presenta davanti al ministro e, senza compiere altri gesti rituali come la genuflessione o il segno di croce, sta in piedi con le mani giunte (o abbassate lungo i fianchi), e si dispone a ricevere il pane eucaristico. Il ministro presenta la particola consacrata dicendo: «Il corpo di Cristo». Il fedele risponde Amen e, aprendo bene la bocca, riceve il pane eucaristico direttamente sulla lingua. Quindi si sposta di lato per consentire al fedele che segue di avanzare e, fatto un gesto di riverenza all’altare (leggero inchino), ritorna al proprio posto conservando un clima di raccoglimento interiore.

Rispetto alla comunione data sulla mano, che sottolinea anche l’accoglienza responsabile da parte dei fedeli del dono di grazia di Cristo, la comunione sulla lingua pone soprattutto in risalto il primato del dono di grazia di Cristo verso coloro che, come i bambini e gli infermi, dipendono in tutto da chi provvede per loro il cibo a tempo opportuno (cfr. Sal 103, 27).

In primo luogo, infatti, il porgere la comunione direttamente sulla lingua assomiglia al gesto di una madre (o di un padre) che imbocca un figlio piccolo, appena svezzato. Sotto certi aspetti, la condizione dei fedeli rimane in modo permanente quella dei piccoli che chiedono a Dio il cibo necessario per il loro sviluppo spirituale. Perciò la Chiesa viene loro incontro e, nella comunione sulla lingua, mostra di esercitare la sua funzione materna (e paterna), qualunque età anagrafica essi abbiano: «Siamo stati amorevoli in mezzo a voi, come una madre che ha cura dei propri figli» (1Ts 2, 7).

In secondo luogo, il porgere la comunione direttamente sulla lingua assomiglia anche al gesto di chi imbocca una persona inferma, così debilitata da non avere la forza di portare da se stessa il cibo alla bocca. In questo gesto rituale è raffigurata la condizione di radicale fragilità di ogni fedele che, a causa del suo ricadere nel peccato, vive una sorta di invincibile infermità spirituale e ha bisogno di essere alimentato per ritrovare le energie necessarie per lottare contro il male e conseguire, in unione con Cristo e per la forza santificante dello Spirito Santo, la vittoria sul male e sulla morte. Anche sotto questo aspetto il gesto rituale compiuto dalla Chiesa esplicita una funzione di aiuto, di assistenza e di sostegno, che viene in soccorso alla debolezza dei suoi figli.