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Intervista

Bressan: «Buon vicinato, un’alleanza che porti a ritrovare il bene comune»

Il Vicario episcopale commenta il Discorso alla Città di monsignor Delpini: «C’è moltissima gente che semina quotidianamente il bene, l’Arcivescovo dà visibilità a queste trame di bene»

di Annamaria BRACCINI

8 Dicembre 2017

Elogiando il «buon vicinato», monsignor Delpini propone un ottimismo non di maniera, ma una possibilità di vivere insieme un’alleanza. Parte da qui la riflessione del vicario episcopale per l’Azione Sociale, monsignor Luca Bressan: «Penso che si possano fare due annotazioni. Abbiamo un Arcivescovo bravo nell’usare i generi letterari: quindi, il genere elogiativo-narrativo è utilizzato, in realtà, per motivare all’assunzione di responsabilità, per dire il compito che ci aspetta e al quale non siamo impreparati. Infatti Milano ha dimostrato, da Expo 2015 in poi, di avere le energie per trasformare il vissuto quotidiano in qualcosa che faccia crescere tutti. Monsignor Delpini indica a Milano e ai milanesi – sia cittadini sia, potremmo dire, fedeli, anche di altre religioni – che in questa città che cambia e che è diventata multietnica si può immaginare un lavoro condiviso, un’alleanza che porti a ritrovare il bene comune».

Nel Discorso c’è anche l’«elogio degli onesti» per dare un buon segno, non rinchiudersi in scetticismi sterili e giocarsi in prima persona: la città, il Paese hanno bisogno di questo richiamo?
Oserei dire che l’intenzione dell’Arcivescovo è quasi giornalistica. Di fronte a una stampa che ha assunto ormai come codice il “regime trasgressivo” – si fa sempre l’elogio di chi fa peggio, di chi riesce a moltiplicare il male – il codice di comunicazione del Vescovo è l’opposto: dare visibilità alle trame di bene che sono tante e che ci permettono di vivere tutti i giorni. Se la città, la Lombardia, la Diocesi funzionano, è perché c’è moltissima gente che semina quotidianamente il bene.

La Chiesa ambrosiana c’è sempre quando c’è bisogno. «Non ci tiriamo mai indietro», scrive Delpini, chiedendo una sorta di riconoscimento non formale, ma sinergico con le istituzioni…
Anche in questo caso ritengo che siano importanti due sottolineature. Innanzitutto, testimoniare che la Diocesi è un grande motore di costruzione del legame sociale. Questo riconoscimento lo chiediamo non per avere meriti ulteriori, ma per poter trattare con quanti costruiscono insieme questo legame. Allo stesso tempo, è un campanello d’allarme nei confronti della Diocesi stessa: stiamo cambiando, tra quindici anni non saremo la Chiesa di Milano che siamo adesso, quindi anche noi assumiamoci le nostre responsabilità per poter vivere in modo responsabile il mutamento e per evitare che, se vissuto male, ci faccia implodere.

La “regola delle decime” è un’idea bella e diretta…
Potremmo dire che è uno stratagemma semplice, ma linguisticamente assai efficace, per far comprendere che bisogna contaminare le logiche: laddove una persona ha come spazio e orizzonte di vita solo se stesso, inserire l’altro; dove ci sono unicamente il guadagno e l’organizzazione economica, immettere la gratuità, e così via. Questa logica di contaminazione sociale è oggi così cruciale che l’Arcivescovo non può che applicarla anche ai corpi sociali e alla politica.

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