Sirio 26-29 marzo 2024
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Lavoro

«Sui salari non ci siamo». Parola di Draghi

Con retribuzioni inferiori ai mille euro, difficile per i neo-assunti garantire prospettive come abitazione, indipendenza, famiglia, figli. L’allarme del presidente della Bce

di Nicola SALVAGNIN

16 Ottobre 2017

Se lo dice (anche) il presidente della Bce, l’italiano Mario Draghi, allora è certificato: nel mondo occidentale – e nell’Europa dell’euro in particolare – sta crescendo il numero di posti di lavoro, ma poco pagati. «I salari restano bassi», ha in sostanza detto Draghi, riferendosi sia a quelli già esistenti (che ormai non vedono aumenti da molto tempo), sia a quelli appena avviati. I neo-assunti (almeno in Italia) partono assai frequentemente da retribuzioni inferiori ai mille euro netti mensili; se a ciò aggiungiamo la quantità enorme di contratti a tempo determinato, di stage, di apprendistati vari, ci si può ben rendere conto che la precarietà esistenziale sta diventando strutturale tra le nuove generazioni.

Un lavoro è meglio che niente, è ovvio. Ma le aziende lo pagano poco. È l’effetto della globalizzazione di tutto e di tutti; gli operai devono fronteggiare la concorrenza della manodopera orientale che costa dieci volte di meno; gli ex colletti bianchi, quella della rivoluzione digitale e delle innovazioni che stanno cancellando intere figure professionali, a cominciare dai bancari dietro ad uno sportello. Solo i manager di alto livello non se la stanno passando male: anzi, le loro a volte spropositate retribuzioni sono la fonte di enormi malumori all’interno del mondo del lavoro.
Ma la grande massa deve stringere la cinghia. È vero, non c’è l’inflazione ad erodere il potere di acquisto. Ma con 800 euro al mese, soprattutto se si vive in una grande città o al Nord, c’è poco da scialacquare e niente che possa garantire prospettive come abitazione, indipendenza, famiglia, figli.

«Sui salari non ci siamo», ha ammonito Draghi. C’è chi dice che puoi fare più fette della torta – ovvero più posti di lavoro – ma queste saranno sempre più esigue. E chi lamenta proprio la dimensione della torta: enorme quella destinata a proprietà ed azionisti; sempre quella per i lavoratori. Infatti una delle prime azioni che una nuova proprietà fa, all’ingresso nell’azienda, è quella di conteggiare gli “esuberi”, insomma tagliare il costo del lavoro per aumentare la torta del dividendo finale agli azionisti. Vedi il freschissimo caso-Ilva.

Se l’azienda non sta in piedi e non riesce a pagare gli stipendi, è chiaro che altre strade non esistono se non quelle dolorose. Ma se il lavoratore viene trattato come un mero fattore di costo al pari di un muletto e di due computer… come dice Draghi: non ci siamo.