Sirio 26-29 marzo 2024
Share

Magenta

«Santa Gianna ci incoraggi a non rassegnarci in un mondo che pare impermeabile al bene»

Nel XV anniversario della Canonizzazione di santa Gianna Beretta Molla, e a 25 anni esatti dalla sua Beatificazione, un’affollata Celebrazione eucaristica, presieduta dall’Arcivescovo a Magenta, ne ha fatto memoria

di Annamaria Braccini

25 Aprile 2019

L’esempio luminoso e accogliente che guida a vincere «l’impermeabilità della desolazione, della tristezza, dell’aggressività e del risentimento». Di «tutto quel un groviglio di sentimenti» che non riesce più nemmeno a raccogliere l’invito a guardare le cose in modo nuovo e a costruire un mondo migliore.
A dirlo, davanti a centinaia di fedeli riuniti nella grande Basilica prepositurale di San Martino a Magenta, è l’Arcivescovo che presiede l’Eucaristia a 25 anni esatti dalla Beatificazione di santa Gianna Beretta Molla, avvenuta il 24 marzo 1994, e a 15 dalla sua Canonizzazione del 16 maggio 2004 (l’ultima di san Giovanni Paolo II). La memoria di questa donna medico, madre, patrona della famiglia – cui è, infatti, intitolato il “Santuario della Famiglia” di Mesero, dove aveva l’ambulatorio -, morta a nemmeno 40 anni, il 28 aprile 1962 (ora giorno della sua memoria liturgica), una settimana dopo aver dato alla luce la figlia Giannina, è ancora vivissima nella terra dove nacque, il 4 ottobre 1922.
In prima fila siedono i figli Pierluigi, Laura e Gianna Emanuela, e l’ultima rimasta dei 12 tra fratelli e sorelle di Gianna, suor Virginia, religiosa Canossiana e anch’essa medico. Concelebrano il Rito, aperto dai solenni 12 Kyrie della Liturgia ambrosiana, una quindicina si sacerdoti, tra cui don Giuseppe Marinoni, responsabile della Comunità Pastorale di Magenta, intitolata proprio alla Santa e a San Paolo VI, il clero delle 5 parrocchie che la compongono, il rettore del Santuario della Famiglia e del Centro di Spiritualità, monsignor Paolo Masperi e alcuni presbiteri nativi della zona. Non mancano, accanto al Gonfalone, le autorità civili, con il sindaco Chiara Calati, militari, i rappresentanti delle Associazioni e della società civile, la banda civica.
A tutti si rivolge il vescovo Mario parlando, appunto, dell’«impermeabilità» oggi così diffusa.
«Come mai alcune situazioni si sclerotizzano e non si riesce in nessun modo a risolverle? Come, talvolta, la famiglia diventa un luogo di amarezza, di frustrazione, di tensione o di scontro aperto e non vi e modo di fare opera di riconciliazione? Come mai alcuni giovani, che hanno davanti tutta la vita, invece di essere disponibili a un cammino, si rendono impermeabili a ogni proposta di bene e di cambiamento?».
Diverse le letture del fenomeno. «Forse, possiamo darci delle ragioni con una lettura fatalista: se uno nasce e vive in un certo ambiente, se ha certi genitori, non può che diventare insensibile ai valori, precluso a determinati cammini. Oppure, possiamo trovare una soluzione nella superficialità: sono talmente tante le attrattive, i diversivi e le notizie da inseguire, che non vi è più neppure la possibilità di un momento di sosta per chiedersi perché essere così arrabbiati e risentiti. O, ancora, la ragione – nota l’Arcivescovo – è nel discredito che viene gettato su persone e Istituzioni, anche verso la Chiesa, i maestri e gli educatori che non vengono più neanche ascoltati».
Chiaro che sia necessario, come cristiani, coltivare un atteggiamento diverso di fronte a ciò che è, indiscutibilmente, sotto gli occhi di ognuno: «Noi che stiamo celebrando la Pasqua e che crediamo che persino la morte sia stata sconfitta, non ci sentiremo mai convinti e autorizzati alla resa di fronte all’impermeabilità. Contemplando la figura di santa Gianna possiamo comprendere come questa continua freschezza, il desiderio di bene, la perseveranza tenace nei valori in cui ha creduto, il suo esempio ci incoraggi a non farci mai cadere le braccia».
Ma quali le strade da percorrere? Dalla Scrittura, appena proclamata, il suggerimento di 3 parole «per reagire la fatalismo e alla rassegnazione».
Così, da Atti 5 – la prima Lettura, con la gran moltitudine dei malati che speravano almeno di essere sfiorarti dall’ombra di Pietro -, nasce l’indicazione «del gesto minimo di attenzione che può recare la presenza di una persona buona. Un fare il bene che non è un programma per risolvere i problemi o una strategia per ottenere dei risultati, ma è il gesto gratuito, immediato, sempre possibile e spicciolo di chi, magari, si è ricordato di noi». In questo senso, “almeno l’ombra” è una parola buona, un’attenzione da poco e che, pure, dice l’interesse. «Immagino quante forme simili abbiano arricchito la vita di santa Gianna: accogliere con un sorriso un paziente, andare a trovare un malato. Il suo esempio ci invita a questo cammino».
Poi, dal Vangelo di Luca, nell’incontro di Gesù con i discepoli di Emmaus, una seconda via simboleggiata dal conversare. «Quel modo di parlare che ascolta le domande, accoglie perplessità e inquietudini, cercando risposte adatte all’interlocutore». Insomma, il dialogo, «la conversazione che non è la pretesa di insegnare, ma l’accompagnamento a capire, che edifica e che fa ardere il cuore, come accadde ai discepoli: il modo con cui il Signore li ha strappati alla tristezza».
«Immagino le conversazione, con parole rassicuranti e necessarie, che santa Gianna poteva avere nel suo studio medico o visitando le persone».
Infine, la Lettera paolina ai Romani, «quando il rapporto con Cristo non è solo guardare a un esempio o ascoltare un insegnamento, ma è un condividere, un essere con Lui attraverso i Sacramenti per risorgere a vita nuova».
Il pensiero torna alla Santa della quale, all’ingresso della Basilica dove fu battezzata e si sposò, è posta una grande immagine, davanti a cui la figlia Mariolina sosta a lungo, prima della Messa, in preghiera. «La sua devozione per l’Eucaristia, il suo modo di intendere la vita cristiana, ci incoraggia a vivere il nostro cammino verso la santità come l’immergersi in un mistero che ci fa Chiesa. Non siamo persone isolate, siamo un popolo radunato dall’Eucaristia che da questa prende slancio».
Da qui, la consegna finale: «Talvolta, il mondo in cui viviamo presenta spettacoli di desolazione che ci sembrano impenetrabili e irrecuperabili, ma la certezza nel Signore risorto ci dice che non dobbiamo rassegnarci, ma essere un popolo che rende nuovo il mondo con il gesto minimo dell’attenzione personale; con la conversazione che anima e con l’immersone sacramentale in Gesù che ci rende una sola cosa. Chiediamo a santa Gianna di essere un modello per noi e di intercedere perché possiamo camminare sulle strade che il Signore ci raccomanda».
Al termine della Celebrazione, dopo i ringraziamenti di don Marinoni, all’Arcivescovo viene donato, in anteprima, il libretto “Atto di amore alla santità di Gianna Beretta Molla. Sposa e madre” che verrà offerto, domenica prossima, a tutti i fedeli.

Leggi anche

Intervista
Don Marco Gianola

Beretta Molla, una santità quotidiana vissuta in famiglia

La sua elevazione agli altari - ricordata nella celebrazione che l’Arcivescovo presiede il 24 aprile a Magenta - ha rappresentato un punto di svolta per la Chiesa: «Da lì si è capito come la vocazione alla santità non sia limitata ai consacrati, ma si estenda alla dimensione matrimoniale», rileva don Marco Gianola, collaboratore del Servizio diocesano per le Cause dei Santi

di Annamaria BRACCINI